Cosa vuol dire scuola attiva oggi?

Se guardiamo alla pedagogia sicuramente parliamo di una scuola non convenzionale, che evita il nozionismo e l’ascolto passivo, o per dirla con Claparede, un ambiente in cui le attività dell’alunno sono conseguenza dei suoi bisogni, nati dai suoi interessi. Stiamo parlando, quindi, di un’istruzione che segua la psicologia dell’alunno e non del docente, di un’organizzazione efficace costruita su un sistema di opzioni, in cui lo studente, oltre ad insegnamenti obbligatori, possa scegliere di frequentare liberamente dei corsi che lo attirino. 

Ne consegue che una scuola attiva è sicuramente un ambiente funzionale, un luogo in cui il singolo possa sviluppare e valorizzare le sue attitudini personali, in poche parole, uno spazio fisico, mentale, emotivo  dove la personalizzazione dell’insegnamento diventi realtà.

Ma non è questo il senso degli ultimi cambiamenti legislativi e didattici che hanno rivoluzionato l’istituzione scolastica negli ultimi trent’anni? L’autonomia concessa alle scuole nel 1997, la sua regolamentazione nel 1999, le riforma scolastiche degli anni duemila, le Indicazioni Nazionali per il Curriculo del 2012, la Legge 107 del 2015 e le attuali disposizioni legislative non hanno spinto per mettere al centro dell’azione didattico-pedagogica l’alunno e i suoi bisogni?

La risposta può sembrare ovvia, ma nella realtà dei fatti il discorso si complica, poiché, oltre che un profondo cambiamento del paradigma didattico-programmatico che ancora domina la scuola italiana, un rinnovamento completo è ostacolato anche da innumerevoli difficoltà di natura strutturale o strumentale, tra cui emerge spesso una cronica mancanza di risorse, condizione limitante, con cui qualsiasi istituto scolastico si scontra.

Certo una didattica progettuale viene in soccorso rispetto alle problematiche già indicate, consentendo sicuramente un rinnovamento del processo di apprendimento/insegnamento, soprattutto laddove produca il coinvolgimento dello studente, la sua maturazione, l’acquisizione delle competenze.

Ma si può tentare di più?

Sempre… e anche un’iniziativa come “Attiva Giornate di esperimenti didattici e laboratori cooperativi” può essere un passo significativo in questa direzione.

Nelle giornate del 12 e 13 febbraio gli studenti della scuola Secondaria di Primo Grado San Vito hanno infatti pianificato e realizzato, in condivisione con i loro docenti e con gli esperti e i volontari messi a disposizione dal Centro Culturale Fonti San Lorenzo: corsi, laboratori e attività in piena autogestione.

Ciascun alunno ha partecipato a sei moduli didattici, sviluppati in ambienti di apprendimento, che loro stessi hanno contribuito ad organizzare e dove è stato privilegiato lo studio che nasce dall’esperienza laboratoriale. La  novità di quest’anno, giacché si tratta di una seconda edizione, è che anche i docenti hanno organizzato degli ateliers sulla base dei loro interessi, non necessariamente connessi alla disciplina che insegnano: quindi, hanno condiviso con gli alunni le loro passioni.

Il risultato è stato un mix di formazione e azione didattica, che ha visto gli allievi protagonisti della “loro” scuola, un luogo in cui si muovevano liberamente, spostandosi tra le aule, mentre gli insegnanti li attendevano nelle classi, per assisterli; un ambiente in cui era possibile cambiare idea, scegliendo un’opzione diversa; un ecosistema didattico vissuto con estrema responsabilità dai suoi attori, quei ragazzi che sono al centro dei nostri pensieri e delle nostre emozioni.

Quindi “attiviamoci”… chi ci impedisce veramente di farlo?